venerdì 24 febbraio 2012

Sola...

mi sento incompleta...
manca un pezzo
quando vado a dormire alla sera
e ho il letto tutto per me
quando devo preparare da mangiare
e butto solo 80 grammi di pasta
quando devo fare la lavatrice e ci sono solo cose mie
quando devo andare al lavoro e non devo litigare il bagno con nessuno
manca proprio un pezzo
un ingranaggio che faccia andare tutto
solo che non so trovarlo dentro di me...
è che è troppo presto per metterne uno nuovo
e troppo tardi per aggiustare quello vecchio
così resto qui a cigolare
e a non funzionare
è così che mi sento
e quindi scappo ogni giorno in  un posto diverso
mi butto in qualsiasi cosa io possa fare
cerco di assorbire più che posso dalle persone che incontro
sperando di colmare il vuoto
ma non funziona quasi mai
non riesco mai ad essere esausta
e ad andare a letto con la sola necessità di dormire
ho sempre quel tanto di energia che basta a farmi sentire sola...

mercoledì 30 novembre 2011

Pixel

Elemento puntiforme che compone la rappresentazione di una immagine raster nella memoria di un computer.
Elemento puntiforme.
Rappresentazione di un'immagine.
Compone.
Elemento puntiforme che compone.
Rappresentazione.
Immagine.
Compone la rappresentazione.
Elemento.
Elemento puntiforme che compone.
Puntiforme!
Rappresentazione di una immagine.
Una.
Una?
Elemento puntiforme che compone... una immagine.
La rappresentazione di una immagine!
Elemento puntiforme che compone la rappresentazione di una immagine.
Che compone.
Compone.
Elemento.
Ciascuna di quelle cose, parti, condizioni e simili che sono fondamento o principio fattivo di checchessia.
Fondamento.
Principio fattivo di checchessia. Di chicchessia. Chicchessia!

Principio fattivo puntiforme che compone la rappresentazione di una immagine.
Principio fattivo.
Rappresentazione di una immagine.
Che compone.

domenica 6 novembre 2011

Acqua sopra e sotto i ponti...

Sconvolta e impotente.
L'acqua si è portata via un pezzo della mia città, la mia Genova, e con esso un pezzo del mio cuore. Non so se è la lontananza da casa a farmi vivere queste sensazioni così amplificate. So solo che in questi giorni non riuscivo a smettere di seguire ciò che stava accadendo a 150 chilometri da me, dentro a ciò che mi ha visto nascere. Avevo voglia di urlare, di piangere, di andare là, di stare vicino alla mia gente, a casa mia, alle mie strade, ai miei palazzi, al mio fiume, tanto sconvolto e sconvolgente.
Perché oramai credo di essere giunta alla conclusione che non potrò mai sentirmi a casa da nessun'altra parte se non lì, in mezzo ai monti e in riva al mare. Lì dove ho tutte le mie certezze, le cose sicure che riesco a sentire che non cambieranno mai, non mi abbandoneranno mai, non mi feriranno mai. Mai come questa vita, che credevo tanto sicura e serena, e che mi si sta sgretolando addosso come un castello di carte.
L'acqua è scorsa veloce sotto ai ponti, mentre cercavo di costruirmi una vita, un futuro che credevo di volere fortemente. Eppure alcune cose che credevo cambiate e, per certi versi, perse per sempre sono invece ancora lì. E dopo anni restano lì a darmi sostegno e forza quando sono debole e in crisi, a farmi sentire bene, a confermarmi che le cose speciali durano per sempre, in un modo o nell'altro. Nonostante tutta quell'acqua, sì.
E ora che le emozioni stanno straripando dentro di me, come un fiume in piena, senza saper più gestire i miei pensieri, le mie ansie, mi ritrovo col cuore che batte in petto come se volesse esplodere e una morsa mi chiude lo stomaco e la mente, mentre straripa anche il fiume. E l'acqua, che così a lungo è passata sotto i ponti, ora si fa violenta e li travolge sopra, e mi urla qualcosa che sto cercando di comprendere.
Non ho mai voluto credere alle coincidenze. Ma a volte basta un momento di debolezza per lasciarsi cullare dalla fugace e illusoria sensazione che tutto questo sia un segno messo lì da qualcuno o qualcosa a mio uso e consumo, per farmi porre le domande che mi sto ponendo, per scandire meglio il suono delle sensazioni che mi pervadono.
Quale che sia la conclusione, (ancora) non è dato sapere. Si placheranno, l'animo e il fiume. E tutto ripartirà daccapo.
In un modo o in un altro.

mercoledì 6 aprile 2011

Roma caput mundi

La fontana di Trevi... questa cascata d'acqua che sgorga da un'opera d'arte, da marmo trasformato in vita, in fasci di corpi e di vesti leggere, spunta così, quasi all'improvviso, se non fosse per i cartelli marroni che indicano sicuri la via da percorrere, tra un vicoletto poco pulito e una viuzza mal tenuta. Fa un po' la stessa impressione che farebbe un Van Gogh appeso in cantina. Una bella cantina, certo. Ma pur sempre tale. Cerco di chiedermi il perché, di carpirne il senso, cerco di vedere la cosa come se fossi in cima ad un tetto e guardassi giù, cerco di avere la stessa visuale di quando, curiosa, mi catapulto in un nuovo viaggio stando comodamente seduta alla scrivania grazie a Google Earth (ah, beata tecnologia!)... eppure mi sfugge.
Roma mi sfugge sempre. Oramai ho perso il conto delle volte che ci sono stata, e tuttavia non sono mai riuscita a entrarci dentro per davvero. Troppe emozioni si sovrappongono, in qualunque angolo io mi trovi. Non ho mai il tempo di rielaborarle, di assaporarle fino in fondo. Ed infatti ogni volta guardo le stesse cose che mi avevano investita la volta prima, cerco di possederne un piccolo pezzo in più. E tuttavia mi sfuggono. Tutto mi sfugge, sempre.
Quattro ore di contemplazione dei fori imperiali, senza riuscire ad andarmene, senza riuscire a smettere di proiettare quel che guardavo nella mia mente e vedere, toccare con gli occhi che cosa sono e che cosa erano tutte quelle pietre... Chi passava di lì? Che cosa vedeva davvero? Le forme, i colori che oggi posso solo inventare, sono ancora lì, da qualche parte, ma, abilissimi, mi sfuggono. Quattro ore a sovrapporre immagini reali a giochi di fantasia, e dovermi far trascinare via ancora assetata, non ancora soddisfatta...
E avere voglia di piangere davanti al Pantheon...
Devo tornarci. Di nuovo. Devo tornarci e viverci per almeno un mese. Devo riuscire a capire quell'assurda mescolanza di storie e pietre e vite. Ma so già che non mi basterà di nuovo. Non mi basta mai.

sabato 29 gennaio 2011

Sto a guardare incredula...

Il mio paese va a rotoli. Peggio di così che può mai capitare? Si dice che siamo in una democrazia, ma io, quando me l'avevano insegnata a scuola, l'avevo capita un po' diversa...
E poi vedo una sfilata del cattivo gusto, di un omuncolo di potere che sfoggia un harem di donne a pagamento e tanta gente che lo applaude. Vedo lo sgretolarsi dell'importanza dell'etica pubblica accompagnato da applausi compiacenti di gran parte della popolazione. Perché è oramai legge il "se lo si fa è perché si può". Mi fa sorridere (amaramente) il pensare che sono io (IO?!) a fare la parte della moralista, di quella che rinnega i "facili costumi" che usano attualmente in politica.
Eppure non mi torna: loro urlano allo scandalo e alla poca moralità quando una donna pretende di autodeterminarsi e di esser padrona del proprio corpo, e contemporaneamente elogiano lo sfruttamento di basso livello del corpo femminile, giustificando e difendendo a spada tratta la mercificazione del sesso che essi stessi hanno in passato combattuto con ogni mezzo e con ogni trovata assurdamente anacronistica che fosse venuta loro in mente.
Non c'è alcuna logica in tutto ciò. Come si guardano allo specchio la mattina queste persone? Davvero si può arrivare tanto tanto tanto in basso? Sì è, palesemente, l'amara risposta.